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Uno sguardo sul mondo del diritto tributario del diritto societario e dell'impresa

Società benefit: Il quarto settore viene allo scoperto

Studio Di TeodoroIn un certo senso il concetto è analogo a quello che è alla base dell’elaborazione del bilancio sociale, strumento impiegato dalle grandi organizzazioni, tipicamente le multinazionali, per comunicare gli effetti e le conseguenze dell’attvità tipica d’impresa, su una collettività di riferimento: la forza lavoro, la clientela, il contesto geografico di riferimento ecc.. Ossia, l’attività d’impresa ha inevitabilmente un impatto su un contesto di riferimento, in parte negativo (si pensi all’inquinamento) e in parte positivo (si pensi, ad esempio al benessere assicurato ad una comunità da una grande impresa che assume personale dipendente) e con il bilancio sociale si vuol comunicare il risultato netto di tale impatto e, normalmente, com’è ovvio che sia, si cercano di enfatizzare i risultati positivi. Fa parte della strategia comunicativa dell’impresa.

Con il bilancio sociale si vuole, in buona sostanza, sottolineare l’aspetto etico dell’operato di un’impresa. Ora questo aspetto è stato ulteriormente enfatizzato dalla Legge di stabilità 2016, la quale, ai commi da 376 a 384 dell’articolo 1, introduce la figura della società benefit. In buona sostanza, ciò che con il bilancio sociale era solo eventuale (realizzare dei benefici a favore di una data comunità di persone, grazie all’attività d’impresa e comunicarli), con le società benefit viene istituzionalizzato, in quanto è previsto che tale tipo societario inserisca nel proprio statuto delle clausole che espressamente prevedano che la società, accanto all’attività lucrativa (tipicamente orientata a creare profitto per gli azionisti/soci) svolga anche un’attività non lucrativa a beneficio di una comunità di riferimento (territorio, ambiente, settore culturale o altri portatori di interessi come lavoratori, clienti ecc.) verso la quale operano in maniera sostenibile e responsabile. Cioè a dire, società nelle quali convivono tanto lo scopo di lucro quanto quello non lucrativo. E’ nato il quarto settore.

L’impianto normativo si ispira ad analoghe realtà già vive negli Stati uniti ed introduce in Italia una realtà che nel resto d’Europa è ancora sconosciuta. Ossia, l’Italia è il primo paese ad introdurre la tipologia delle società benefit.

Possono costituirsi come società benefit tanto le società di capitali, che le società di persone e le coopertive, dunque esse non sono limitate ad una tipologia particolare di società, nè, la norma, prevede l’inserimento di una nuova tipologia di società accanto a quelle già esistenti. Come già detto la SB dovrà inserire nel proprio statuto, un’apposita clausola nella quale vengono specificati gli obiettivi benéfici (o non lucrativi) che si prefigge di perseguire. Dovrà, inoltre, essere nominato un responsabile del perseguimento delle attività benéfiche e, unitamente al bilancio d’esercizio annuale, dovranno pubblicare una relazione nella quale descrivere gli obiettivi e le azioni poste in essere per il perseguimento del beneficio comune, la valutazione dell’impatto di tali attivià facendo riferimento ad uno standard valutativo previsto dalla stessa Legge che ha introdotto le società benefit (la Legge di stabilità per il 2016) e, infine, la descrizione degli obiettivi per l’esercizio successivo. Nella ragione sociale dovrà inoltre figurare la dicitura “società benefit”, oppure l’acronimo “SB”.

Alle società benefit (almeno per ora), il nostro odinamento non prevede il riconoscimento di benefici/agevolazioni, né di natura fiscale, né di altro genere (civilistiche ecc.) ma, anzi, ad esse sono collegati nuovi e più onerosi adempimenti amministrativi se si pensa all’appesantimento in termini di documentazione ulteriore che tale tipo di società deve produrre (relazioni ecc.). Dunque, così come per il bilancio sociale, la rilevanza della scelta di dare vita ad una società benefit risiede nell’unico scopo di garantirsi una forma di pubblicità attraverso l’immagine di impresa votata a fare “del bene”, appunto, ad una collettività di riferimento. Tant’è che la vigilanza su tale tipo di società è affidata al Garante della concorrenza e del mercato, il quale, laddove ravveda un abuso nell’utilizzo di tale tipo di società (ad esempio mi costituisco come società benefit, inserisco, pertanto, nel mio statuto clausole ad hoc per comunicare al mercato la mia vocazione sociale ma poi, nei fatti, mi disinteresso totalmente degli obiettivi benefici che ho, in precedenza, comunicato), può intervenire applicando le norme (e le sanzioni), previste nel caso di pubblicità ingannevole e pratiche commerciali sleali.

In buona sostanza, tanto il bilancio sociale, quanto le società benefit pongono l’accento sull’ineviatbile impatto sociale che l’attività delle organizzazioni lucrative, produce su un dato contesto. Sui libri di economia, all’università, si studiano, ad esempio le esternalità positive e negative, ossia l’inevitabile impatto dell’attività d’impresa su un dato contesto di riferimento e, addirittura, qualche economista si è spinto perfino ad ipotizzare un mercato per le esternalità negative con l’obiettivo di limitare la loro emissione/produzione. Il mercato dei certificti verdi si basa proprio su un concetto analogo. E la disciplina sulle società benefit, così come il bilancio sociale, si pongono proprio nella prospettiva di dare risalto a questi importantissimi aspetti dell’attività di organizzazioni complesse come le imprese. Con la differenza che, mentre le esternalità sono studiate come conseguenze inevitabili dell’operato di un’impresa, con le società benefit, l’organizzazione d’impresa si pone, fra i suoi scopi istituzionali, quello che adoperarsi per generare delle esternalità positive su una data collettività mentre, con i bilanci sociali, si vuole certificare il risultato netto di tali esternalità (il più delle volte enftizzando, come si ripete, l’impatto positivo su quello negativo).

Staff Studio Di Teodoro

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